L’iniziativa, il cui nome significa “Sino alla cima delle Alpi”, ingloba 18 Comuni disseminati nell’area compresa fra le vallate Pesio e Mongia e prevede il restauro e la riapertura al pubblico di numerosi siti ricchi di fascino e storia
“Usque ad cacumina alpium”, “Sino alla cima delle Alpi”: questa è la denominazione del progetto presentato ufficialmente dal fondo storico “Alberto Fiore” venerdì 20 luglio presso la sala ipogea del castello di Mombasiglio.
L’iniziativa, promossa in sinergia con un cospicuo numero di Comuni (18) estesi su un territorio corrispondente all’antico Marchesato di Ceva e con esperti del mondo accademico, è fin qui costata 40mila euro (fase di studio) e ha il pregio di aver dato vita a una rete tesa a promuovere e valorizzare il patrimonio archeologico e architettonico quale elemento cardine per rafforzare l’identità locale e impreziosire l’offerta di turistico-culturale.
L’architettura fortificata, dunque, viene interpretata come uno strumento per la valorizzazione delle vallate montane tra Pesio e Mongia, come si evince peraltro dalle parole di Beppe Ballauri, presidente della Fondazione Castello di Mombasiglio: “La nostra ‘mission’ presente e futura consiste nel mantenimento delle nostre radici territoriali – ha dichiarato –. Siamo disponibili a stare vicino a chiunque voglia investire in futuro risorse nel recupero e, soprattutto, nel ritorno alla fruibilità di importanti e storiche strutture”.
Un concetto ribadito a chiare lettere anche da Davide Merlino, consigliere della Fondazione CRC, sostenitrice principale del progetto da un punto di vista economico: “Questi monumenti hanno già avuto e continuano a ricevere diversi finanziamenti perché la Fondazione li ritiene importanti da un punto di vista turistico – ha affermato –. Abbiamo deliberato proprio quest’oggi alcuni finanziamenti per valorizzarne alcuni, come la pieve di Sale San Giovanni e il sito archeologico di Sant’Andrea qui a Mombasiglio”.
Dopo un breve saluto del sindaco, Aldo Michelotti, e la lettura di una missiva di buon auspicio inviata dalla Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Alessandria, Asti e Cuneo, è stata la volta dell’intervento di Sebastiano Carrara, numero uno del fondo storico “Alberto Fiore”: “Il nome del progetto prende il nome da una bolla imperiale redatta a Vicoforte da Enrico III nel 1041 – ha spiegato –. Per la sua buona riuscita il ruolo dei Comuni sarà fondamentale, così come quello della Soprintendenza e dei Dipartimenti di Studi Storici e di Lingue e Letterature straniere dell’università di Torino, dell’istituto italiano dei castelli, fondato da Piero Gazzola, uno dei primi storici sovrintendenti, e della start up “Apogea”, che si occuperà dei risvolti turistici, con una serie di manifestazioni culturali di formazione e di intrattenimento“.
18 COMUNI – Il progetto è stato poi esaminato nel dettaglio dall’architetto Mariangela Borio: “Siamo riusciti – ha esordito – a mettere in rete 18 Comuni che partecipano all’iniziativa attraverso le rispettive Unioni Montane (10) o singolarmente. Essi sono, in ordine sparso: Mombasiglio, Lisio, Viola, Roccaforte Mondovì, Chiusa Pesio, Battifollo, Briaglia, Lesegno, Montaldo di Mondovì, Monastero di Vasco, Niella Tanaro, San Michele Mondovì, Torre Mondovì, Vicoforte, Roburent, Pamparato, Monasterolo Casotto e Scagnello”. L’architetto ha poi illustrato le varie fasi previste: “Il primo anno sarà dedicato allo studio da un punto di vista architettonico, storico e archeologico. Terminata questa fase, dal secondo anno penseremo al restauro del patrimonio e al miglioramento della sua fruibilità e, infine, alla sua promozione in chiave turistica. A tal proposito, le idee non mancano: all’esterno di ogni sito apporremo una targhetta contenente le informazioni essenziali e un ‘qr code’ che ricondurrà all’apposito sito web. Creeremo poi una cartina che individuerà i percorsi storici”.
SCAGNELLO – L’architetto Claudia Dante ha approfondito la questione connessa al sito fortificato di Scagnello, “dalla cui sommità si hanno viste prospettiche importanti verso il territorio Cuneese. Nel marzo del 2016 un fulmine ha colpito la torre, sgretolandola in gran parte. Oggi vi è solamente una lamina sottile ed estremamente precaria. Si vuole pertanto ricostruire con materiali leggeri come ferro e legno la volumetria della torre e ricreare un luogo panoramico di estrema suggestione. Molto, ovviamente, dipenderà dall’esito delle richieste di contributo inoltrate”.
MONASTEROLO CASOTTO – Un focus sul sito fortificato di Monasterolo Casotto è stato invece effettuato nuovamente dall’architetto Borio: “Esso si trova all’esterno del paese, su un crinale affacciato totalmente sulla vallata sottostante – ha detto –. Dal 2014 il Comune ha realizzato 2 interventi di restauro (prima la torre, poi il bastione Ovest), grazie al contributo del Gal Mongioie. Ora il nuovo restauro riguarda la Casaforte, complesso più recente rispetto alla torre, e la cortina muraria nord-occidentale. Vi è poi una cinta fortificata a nord-est ancora da studiare”.
INTERVENTI FINALI – In chiusura di giornata si sono succeduti al microfono quattro relatori. Il primo di questi è stato Paolo de Vingo, professore dell’università di Torino, che ha asserito: “La nostra vuole essere una partecipazione ponderata. Nel caso di Lesegno, sui cui ci concentreremo particolarmente, parliamo di un sito quasi tripartito, con tre emergenze, e vogliamo operare con una metodica precisa. Il supporto della Fondazione sarà fondamentale. Utilizzeremo droni e tecnologia sofisticata per sfruttare al meglio l’occasione che ci viene offerta”. Enrico Lusso, anch’egli docente presso l’Università di Torino, ha sottolineato invece l’importanza di “mettere in rete una seria di edifici che sorgono in un’area geopoliticamente complessa dal punto di vista storico. In questi giorni con i miei studenti abbiamo visitato alcuni siti per farci un’idea più approfondita di quest’area. Ciò che colpisce sono la ricchezza e l’articolazione di questo territorio, oggi organizzato secondo un sistema di valli difficilmente in comunicazione tra loro”. Hanno quindi parlato l’architetto Luca Finco (Politecnico di Torino) e il coordinatore del progetto “Turris”, Pietro Giovannini: il primo ha analizzato nel dettaglio gli elementi in muratura e altri dettagli della torre di Scagnello, mentre il secondo ha descritto “Turris” come “un’opportunità per cogliere la completa ricchezza del paesaggio locale”.
In sala, oltre alle autorità civili, erano presenti gli studenti del master Promozione e Organizzazione Turistico Culturale del Territorio.